Nel silenzio generale, la Rai viene smantellata, a partire dal taglio drastico delle risorse. Non soltanto con la riduzione di 20 euro del canone (dai 90 a 70 euro) decisa dal governo. Oggi l’ad Sergio annuncia che alla Rai toccheranno solo 53 di quei 70 euro. Una vera catastrofe per il servizio pubblico soltanto in parte compensata dalla corresponsione, in fiscalità generale, di poco meno di 450 milioni di euro per il solo 2024, legati esclusivamente agli investimenti. Scelte strategiche decise dal governo Meloni che attraverso i nuovi vertici (nominati a maggio scorso da questo governo) ha chiuso programmi, nominato nuovi direttori e continuato ad assumere esterni, appaltare produzioni, arrivando anche ad affidare a società esterne la comunicazione di alcuni settori e prodotti dell’azienda
Scelte sbagliate che mettono in ginocchio la Rai, chiamata entro poche settimane ad approvare un nuovo piano industriale, ma senza alcuna certezza sulle risorse disponibili. Il governo da una parte tiene al guinzaglio il servizio pubblico, dall’altro lo strozza continuando a sottrarre risorse che inevitabilmente incideranno sui programmi sull’informazione radio, tv e web e sulle produzioni, a danno dei cittadini.
Anche l’ipotesi di aumentare i tetti pubblicitari della Rai, tagliati di recente senza alcuna integrazione delle risorse dal canone, appare oggi più una disputa all’interno della Maggioranza di governo che una vera prospettiva per una azienda che su quella strada rischierebbe di somigliare sempre più ad una media company commerciale, dove gli utenti si trasformano in clienti; la fine del Servizio pubblico.
Eppure la strada sarebbe semplice, basterebbe attenersi alla risoluzione del Parlamento europeo del 20 ottobre 2021 che impone finanziamenti stabili, aperti, trasparenti, sostenibili e adeguati perché il servizio pubblico radiotelevisivo deve essere libero da ingerenze politiche interne ed esterne. Ma evidentemente, questo, la politica e i partiti sembrano non volerlo.
Esecutivo Usigrai